DIGA CAMPOTOSTO: DALL'ALLERTA AL COLLASSO, ECCO COSA PREVEDE PIANO DI EMERGENZA


TERAMO - Nelle ore successive al sisma del gennaio 2017, nella fase della piena emergenza, e con interi paesi isolati da metri di neve, era stato paventato l'allarme sulla tenuta della diga Rio Fucino di Campotosto, arrivando ad evocare il "rischio Vajont" con conseguenze neanche immaginabili per i territori a valle della diga, potenzialmente fino alla costa adriatica. Nel caso avesse ceduto la pur imponente barriera di cemento armato, che trattiene 280 milioni di metri cubi di acqua. 
"Irresponsabile allarmismo", tuonarono i sindaci. Ed in effetti i controlli strumentali effettuati nei mesi successivi dall'Enel, l'ente gestore della diga, hanno poi evidenziato la sicurezza del manufatto.
Ma gli allarmi un merito lo hanno avuto: serrare i tempi per approvare finalmente il Piano di emergenza (Ped), previsto da una direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 8 luglio 2014, per tutte le dighe italiane di altezza superiore a 15 metri, e con un invaso superiore al milione di metri cubi di acqua.
L'ok del documento è arrivato, su proposta del presidente Marco Marsilio, con una delibera di Giunta del 5 novembre scorso. A compimento di un lungo e complesso lavoro istruttorio portato avanti dal suo predecessore Luciano D'Alfonso, ora senatore del Partito democratico, avviato ancor prima del sisma 2016-2017.
Nel piano è previsto, nei minimi dettagli, "chi deve fare cosa", in caso di emergenza, secondo quattro scenari: di "pre-allarme", di "vigilanza rinforzata", e soprattutto di "pericolo", quando cioè viene superata la quota di massimo invaso, quando in caso di sisma, i controlli evidenziano sulla diga danni "severi e non riparabili", oppure, in caso di fenomeni franosi, "la formazione di onde con repentini innalzamenti del livello dell'invaso".
Infine nel malaugurato scenario del "collasso", che si attiva, come si descrive nel Ped, "in caso di comparsa di danni all'impianto di ritenuta, che determinano il rilascio incontrollato di acqua, con rischio di perdite di vite umane e di ingenti danni". 
Comuni interessati al Piano, e dunque in un’ipotetica emergenza, va detto innanzitutto, sono quelli di Crognaleto, Fano Adriano Pietracamela, Montorio al Vomano, Tossicia, Colledara, Basciano, Penna Sant'Andrea, Cermignano, Canzano Cellino Attanasio, Castellalto Notaresco, Atri, Morro d'Oro, Roseto degli Abruzzi e Pineto, e dall'altro versante, Campotosto, Montereale e Capitignano. Infine i due i capoluoghi di Provincia Teramo e L'Aquila.
Ipotesi si spera assolutamente remota, quella del "collasso". Ma non da poter essere esclusa, visto che nel documento si scrive che il territorio dove insiste l'invaso, è classificato come zona sismica 1, la più a rischio, attraversato da importanti faglie, e con elevate accelerazioni delle onde telluriche.
Si documenta anche la minaccia rappresentata da possibili fenomeni franosi. 
Tutti gli enti coinvolti avranno compiti ben precisi per ciascun scenario.
L'ente gestore, l’Enel, che con la diga produce energia elettrica, in caso di piena e in fasi di preallerta e vigilanza rinforzata, deve tempestivamente comunicare alla Protezione civile abruzzese, alle Prefetture dell'Aquila e Teramo, ai Geni civili e ai comuni di Campotosto e Crognaleto, il livello di invaso e la portata scaricata o che si prevede di scaricare, l'ora presumibile d'inizio scarico. In caso di sisma deve avviare con immediatezza i controlli sulla diga al fine di rilevare eventuali anomalie o danni alla struttura. Con personale preposto tecnico è qualificato costantemente in loco.
La Protezione civile deve avvisare tutti i comuni interessati con priorità ai comune di Campotosto, Crognaleto, Fano Adriano e Pietracamela. Deve verificare la reperibilità telefonica delle associazioni di volontariato, e le unità di presidio territoriale e la disponibilità e l'efficienza della colonna mobile.
Nella fase di "pericolo", all'ente gestore spetta il compito di una costante comunicazione delle evoluzioni in corso, in particolare sulla temporanea interruzione delle comunicazioni sia di rete fissa che mobile e su problemi relativi alla viabilità per l'accesso alla diga. La Protezione civile entra in funzione H24, coordinando i vari enti coinvolti nell'emergenza, accertando l'entità dei danni, coordinando eventuali manovre di scarico della diga, attivando le imprese accreditate ed attrezzate, per interventi in somma urgenza.
Le due Prefetture fanno entrare in funzione il Centro coordinamento soccorsi (Css) presso le sedi L'Aquila e Teramo, in constante comunicazione tra loro. Si mobilitano i Vigili del fuoco e le forze di Polizia.
A Montereale, Montorio al Vomano, Atri e Roseto degli Abruzzi, entra in azione il centro operativo misto (Com).
In tutti i comuni interessati, viene attivato il Cento operativo comunale (Coc), tutto il personale deve essere attivo e reperibile h24, vengono disposti, anche a scopo cautelativo, provvedimenti di evacuazione della popolazione, vengono presidiate le strade e l'asse fluviale. Nella fase di pericolo alle Province spetta il ripristino, nel più breve tempo possibile, del transito sulle strade eventualmente interrotte.
In caso di "collasso", in tempi strettissimi, scatta l'evacuazione della popolazione, nelle strutture di ricovero che devono essere già state preventivamente individuate nei piani comunali, con particolare attenzione alle fasce deboli, ovvero a malati, anziani, bambini e portatori di handicap. Sono predisposti i blocchi stradali, percorribili solo dai mezzi di soccorso.
La Protezione civile richiede la presenza nella sala operativa del presidente della giunta regionale, che assume assieme ai prefetti e ai vertici della Protezione civile, la direzione unitaria di tutte le azioni di emergenza.
In caso di collasso, si attivano i cancelli di blocco stradale sulle arterie interessate da rischio esondazione, assicurando solo la circolazione in sicurezza dei mezzi di soccorso. 

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