ALL'AQUILA E' IL GIORNO PIU' LUNGO, DIECI ANNI DOPO TRA MEMORIA E RICOSTRUZIONE



 - È il giorno più lungo all'Aquila, quello che dieci anni fa si concluse con una scossa di terremoto, alle 3,32 della notte, che distrusse la città e coinvolse altri 56 comuni abruzzesi causando 309 vittime.
Oggi è il giorno del ricordo, della riflessione su quello che è stato e su quello che sarà. Il giorno dei bilanci, con una ricostruzione tra luci e ombre, un'economia ancora sofferente, un centro storico che fatica a tornare a battere.
Stasera la consueta fiaccolata che percorrerà via XX Settembre, strada simbolo su cui si affaccia la Casa dello studente, dove perirono 8 giovani, per raggiungere piazza Duomo, qui la messa celebrata nella restaurata chiesa delle Anime Sante, riaperta nel dicembre scorso alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Atteso, stasera, anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Le due città vivono in simbiosi anche se in una esplode la vita e nell'altra la morte non è mai andata via. I nuovi palazzi accanto alle macerie di quelli venuti giù il 6 aprile 2009, le attività commerciali spuntate come funghi e le saracinesche chiuse, il rumore incessante dei martelli pneumatici e il silenzio dei vicoli del centro, il balletto delle gru e l'immobilità dei ricordi rimasti sepolti sotto le pietre. 
L'Aquila 10 anni dopo il terremoto è molto più del cantiere più grande d'Italia dove la polvere non si posa mai: è il simbolo stesso di un Paese che nelle tragedie dà il meglio di sé e che poi si perde nei mille rivoli della burocrazia, che convive con i disastri ma che non è mai stato capace di mettere la prevenzione al centro della sua politica. 
Con una manciata di residenti rientrati nelle proprie abitazioni e una novantina di esercizi commerciali, prevalentemente di somministrazione che animano la movida, quello che manca al centro storico dell'Aquila a dieci anni dal terremoto è essenzialmente la popolazione e "senza un commissario straordinario che faccia partire la ricostruzione pubblica, al palo a causa di procedure lunghe e farraginose - dice la Confcommercio - non è possibile riportare gli uffici, che sarebbero i veri attrattori di gente che darebbe respiro anche all'economia, perché a Beirut non credo possano valere le stesse regole di Londra!".
La tragedia del 6 aprile 2009 ha profondamente segnato il tessuto economico e sociale dell'intera provincia dell’Aquila che, già prima del sisma, aveva subito pesantemente le conseguenze della crisi economica, laddove dai 124 mila occupati del 2007 si era passati ai 117 mila del 2008.
Successivamente, dopo il terremoto, il numero di occupati in provincia è sceso al picco minimo di 107 mila al 31 dicembre 2014, con calo complessivo di 17 mila posti di lavoro. 
Oggi infine, secondo i dati Istat, stimiamo che il nostro territorio ha perso a partire dal 2007 circa 10 mila occupati (al 2018 risultavano circa 114 mila lavoratori), con un recupero parziale ma ancora lontano da un’effettiva ripresa occupazionale. Numeri che evidenziano il permanere di una profonda crisi del lavoro nei territori colpiti dall’evento sismico.

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