Pescara, omicidio Jennifer: la perizia inchioda l’assassino

Lo psichiatra: «Davide Troilo era capace di intendere e di volere quando uccise la ex con 17 coltellate». Si aggrava la posizione del 34enne.
PESCARA. Quando Davide Troilo ha colpito con una, due, fino a 17 coltellate, l'ex fidanzata Jennifer Sterlecchini, uccidendola, era capace di intendere e di volere. A stabilirlo è la perizia psichiatrica disposta dal gup Nicola Colantonio e affidata al professor Massimo Di Giannantonio, docente di Psichiatria alla facoltà di Medicina dell'Università D'Annunzio, nell'ambito del procedimento penale a carico dell’ascensorista di 34 anni. La perizia di Di Giannantonio, depositata il 17 dicembre, si chiude infatti sostanzialmente con l'affermazione che «Troilo non è stato affetto», scrive il docente di Psichiatria, «al momento del compimento dell'atto delittuoso, da patologie psichiatriche, ovvero da elementi clinici di sufficiente valore psicopatologico, in particolare psichiatrico-forense, che possano consentire di affermare che sussistessero aspetti di malattia mentale tali da configurare una condizione di interesse medico-legale ai fini dell'imputabilità, ovvero incidendo o diminuendo la capacità di Troilo di intendere e volere». Parole messe nero su bianco che pesano come un macigno e che pongono in toto l'assassino di fronte alle sue responsabilità.

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